Tre cristiani vengono uccisi in Egitto

Lo scorso giugno, Nagah Megali, del Mahdi, un villaggio nel governatorato di Sohag, è morta in ospedale per le ferite riportate in un attacco. Gli eventi sono accaduti mentre Megali era in sella a una moto, un uomo lo ha lanciato e lo ha aggredito con un machete. Megali è stato portato in ospedale con gravi ferite, mentre Abdullah Hosni (il responsabile dell’attacco) è stato arrestato e incarcerato.

Nonostante si sia dichiarato colpevole al processo e abbia confessato il crimine. La famiglia dell’imputato ha affermato che ha una malattia mentale. I parenti del morto hanno affermato che è difficile capire come un uomo mentalmente in forma per viaggiare e lavorare in Libia possa improvvisamente lamentarsi di un disturbo mentale dopo essere stato accusato di aver ucciso suo fratello.

Questa non è la prima volta che Hosni attacca un cristiano. Due anni fa, dopo aver aggredito un altro cristiano, è stato condannato a un anno di reclusione, ma è stato rilasciato dopo la consueta “sessione di riconciliazione”. Si è trasferito in Libia ed è tornato in Egitto due giorni prima dell’attacco a Megali. Secondo quanto riferito, Hosni aveva stabilito legami con gruppi estremisti islamici mentre si trovava in Libia.

In Egitto, gli episodi legati alla violenza settaria vengono solitamente risolti dalle autorità locali attraverso le cosiddette “sessioni di riconciliazione”. Tuttavia, queste sessioni spesso lasciano le minoranze cristiane in condizioni peggiori, mentre gli autori musulmani sono liberi. Ciò ha dato vita a una cultura dell’impunità per la violenza contro i cristiani che intensifica gli attacchi poiché la punizione non è troppo severa. Le persecuzioni e gli omicidi dei cristiani nel mondo stanno diventando sempre più gravi e dannosi per le minoranze delle comunità cristiane. Quindi, la fuga dal Paese è una pratica sempre più ripetuta mentre le autorità non garantiscono l’incolumità di queste famiglie.