Sfide crescenti per la comunità cristiana in India: minacce sotto un regime ultranazionalista

L’India è impantanata in un regime ultranazionalista che presenta sfide crescenti per la comunità cristiana, come avverte in un comunicato l’episcopato del Paese. In questo contesto, il documento denuncia l’aumento degli attacchi contro i cristiani in diverse regioni dell’India, evidenziando la distruzione di case e chiese, nonché le vessazioni nei confronti del personale che lavora negli orfanotrofi, nei centri di accoglienza e nelle strutture educative e sanitarie, spesso sotto infondate accuse di conversione.

I cristiani costituiscono circa il 2,3% della popolazione indiana, rappresentando il terzo gruppo religioso più numeroso dopo i musulmani (14,2%) e gli indù (79,8%). Di questi, più di 20 milioni di persone sono cattolici, distribuiti in tre Chiese autonome: la Chiesa latina, la Chiesa cattolica siro-malankarese e la Chiesa cattolica siro-malankarese.

Dal 2014 l’India è sotto la guida del primo ministro Narendra Modi, membro del partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (BJP). All’orizzonte ci sono le elezioni generali di aprile e maggio di quest’anno, nelle quali Modi cercherà un terzo mandato.

A gennaio, Open Doors, un gruppo per i diritti religiosi, ha classificato l’India come l’undicesimo peggior paese cristiano. È stata evidenziata la crescente attuazione delle leggi anti-conversione in vari Stati indiani, che creano un ambiente ostile in cui qualsiasi cristiano che condivide la loro fede può essere accusato, intimidito, molestato e persino subire violenze. Questo panorama evidenzia la complessità e l’urgenza di affrontare le sfide che la libertà religiosa in India deve affrontare nell’attuale contesto politico.

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