La situazione in Sudan peggiora con scontri quotidiani

Da anni ormai il Sudan è un Paese che soffre di violenze e mancanza di libertà religiosa, ma ultimamente i combattimenti si sono intensificati e la situazione è degenerata enormemente. Pochi giorni fa sono scoppiati scontri tra l’esercito sudanese e le Forze di supporto rapido (Rsf), un gruppo paramilitare legalizzato in Sudan. L’Esercito opera sotto il comando dell’attuale presidente, il generale Abdel Fattah al Burhan, mentre le RSF sono guidate dal vicepresidente Mohamed Hamdan Dagalo, alias Hemedti.

Già il primo giorno del conflitto, le RSF affermavano di aver preso il controllo del palazzo presidenziale e di tre aeroporti, tra cui Khartoum. Tuttavia, ad oggi non si può dire che stiano vincendo. Al contrario, la lotta si sta diffondendo e, secondo vari media, sono già state fatte circa 300 vittime e più di 3.000 feriti.

Una lotta per il potere e il controllo del Paese, senza dimenticare che il Sudan ha grandi miniere d’oro. Pertanto, il controllo del paese tra queste due forze è motivato dal denaro e dal controllo. In questi scontri, chi soffre di più sono le minoranze cristiane perseguitate. Riguardo a come il conflitto sta colpendo la Chiesa cattolica, fonti sul posto rivelano che: “La Chiesa cattolica sudanese è molto piccola, poiché circa il 95% della popolazione è musulmana, quindi i cittadini cristiani ne risentono. Fedeli, sacerdoti e religiosi non possono uscire di casa. La messa domenicale è stata cancellata e i sacerdoti non possono celebrare la messa quotidiana nelle chiese. La vita di fede nelle zone di crisi si fa solo in casa”.

Questo divieto di radunarsi e celebrare la Messa è un’altra delle limitazioni e delle persecuzioni subite dai cristiani in Sudan.

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